Luce di dentro, soglia inesausta del passo.
Mi vedo oltre il sentore che a ogni varco o stanza,
come guardi, io per voi ancora non sia:
come addentro uno sguardo coagulato
su un corpo che muore.
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Questa la terra irreale, questa la viola
sfiorita senza il tempo di quando ti guardo.
Dici del sole che affonda nel chiasmo
di stelle e notti lontane, del volto che alberga
nell’onda come in tanto silenzio la veglia
del lume che sfoca il lenzuolo dopo
per anni avere sostato dentro l’occhio
che posa fra luce e luce.
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Come tradurre l’azzurro arreso del cielo,
quando, con l’odore di terra riarsa, le parole
separano le nubi dalle nubi, gli uccelli
dagli uccelli, le foglie dalle foglie?
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Acque di confine agli amen del vento,
in voi si dirada la lontananza, viso
di madre che spezza il nostro dormire.
L’ho vista tornare alla sua veglia,
riconoscermi figlio, poi andare.
Negata alla vita, dissetare il respiro.
Adesso che ogni altrove si è spento
e ogni volto è qui convocato,
addormentate questi occhi devoti
alle candele: destatevi nelle voci
di dentro.
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Buio tra le parole.
Riverbero di volti tra le acque dell’inverno:
ogni altrove si accompagna alla neve.