Che ricamo di fiamme su un vuoto petto!
Che furia d'aghi da lontano,
e battere a ogni porta: "Che sapete
voi del mio viaggio?" (Tante cose
da cui non andavo lontano più che non fossi.)
Ora dovrei sapermi in un quartiere straniero
dove nei vetri dei caffè,
in arancio o celeste,
pallidamente palpitano vite
parallele nel lutto d'una chitarra.
Calle del Pez: esiste una via di questo nome
in un paese d'Europa,
e subito non esiste più,
passa sull'altra sponda, e la finestra,
la finestra ch'io vidi splendere,
e la porta socchiudersi;
e ora son dentro e tutto mi riconosce,
la musica del piano per me s'arresta...
***
Qui non vorrei morire dove vivere
mi tocca, mio paese,
così sgradito da doverti amare;
lento piano dove la luce pare
di carne cruda
e il nespolo va e viene fra noi e l'inverno.
Pigro
come una mezzaluna nel sole di maggio,
la tazza di caffè, le parole perdute,
vivo ormai nelle cose che i miei occhi guardano:
divento ulivo e ruota d'un lento carro,
siepe di fichi d'Iindia, terra amara
dove cresce il tabacco.
Ma tu, mortale e torbida, così mia,
così sola, dici che non è vero, che non è tutto.
Triste invidia di vivere,
in tutta questa pianura
non c'è un ramo su cui tu voglia posarti.
***
Quando fu l'ora
Quando fu l'ora
gli orologi avevano perduto la voce
e la pietra lunare del cui bagliore
sinistro si era nutrito il mio esilio
scivolò in mare dove qualcuno
un giorno la troverà, qualcuno che invidio
perché sarà come me triste e ilare
quand'io non potrò più esserlo.
Camminerà sulle rive
dei miei pensieri di ora
credendo d'essere solo, solo e diverso,
e un giorno, dopo una pioggia, in una grotta del cielo
vedrà un celeste limpido e disperato
(limpido e disperato amore mio!)
e lì potrebbe scorgere, mestamente confuse,
le tracce dei miei passi nell'infinito.