Questo essere lontano
non appartenere a un luogo
ad una terra, cercare impronte
inesistenti, legami lisi, impermanenti,
questo saettare inutile e furioso
di braci e pentimenti
si placa - non si risolve - nell'oblio doloso.
La cura del liutaio ci vorrebbe
che incolla i pezzi uno ad uno
con i lembi esatti, combacianti
e dopo lucida le scaglie d'ebano
brillanti.
***
Canto dell' assenza
di quel tornare ottuso
a ciò che non è stato, non è durato,
dei giardini infranti
delle sere sulle scale
dell'onda lunga di silenzio e sale
dei campi di ginestre e grano
delle vene d'una mano
andata via senza avvisare.
Canto la distanza
da tutte le cose smesse
nonostante la fatica, la paura che di
notte
può avere gli occhi del coraggio
disperato,
canto la riconoscenza
tarda e muta
per tutto ciò che ho immensamente
amato.
***
È che ci sono anch'io nel serraglio
anche se muto all'apparenza
viaggio, torno, passo al vaglio
- scomposto vento sulla scacchiera-
e rimetto in fila le pedine ogni sera
nella straziante nostalgia
di un tempo che non è stato
se non nella mia desolata
inconsolabile
follia.