così, semplicemente, l'acquaviva che a me restituiva
l'arco dei decenni, tramutava, tramuta in una sola volta
e l'infinito in fauci,
sembra niente, un parto e spazio, mi spinge per un po'
in tutte le direzioni.
Dopo, che a mano a mano consideriamo il tempo,
e concluso, qui ancora foglie dentro il mio giardino
e sono sparsi ovunque. Poi sento che cammina,
il tramestio solito alle otto del mattino, si prepara
per andare a lavorare. Esce di casa, tornerà per pranzo,
in cucina, poi ancora là seduta nella stanza. Breve nell'ansia sarà stato
un cenno di stanchezza, ma mai tardi, mai così manifesto da distruggere la vita.
***
Conforto della terra
Mi dà conforto la terra.
non l'abitare, un margine, senza confine
preciso, ma la salute del suolo amico,
tenerci il piede, l'abc dei giorni futuri.
Un dato, un segno raschiato a fondo,
parlarci, come parlo a volte con te,
consumarci i pasti febbrili, tutti
i possibili attraversamenti e tutte
le stagioni.
***
Mi trasfiguro in ossame su una tavola di legno.
Patisco per pietà dei secoli il mio pegno.
Lascia il dolore alle conifere una rima
dentro il tempo che si attorciglia e spazia,
come barca e rifugio: un che di grazia
rinata e d'alto fusto e al cielo e legno
che custodisce gli ori della terra.
prendo di te nel tempo ciò che serra
la vita e il tempo del mio stare,
segreto Il tempo e l'albero nel cavo
mantiene la virtù, l'alta che bella
nel suo marchio ora c'investe e resta.
Senza timore, ma con forza antica
spingiamo avanti i rami, ciò che resta,
luogo, sorgente, spazio tutto in festa.