Sempre bianca rimane questa riva,
immacolata l'acqua, benedetta
l'impossibilità della distanza:
e noi poveri, pochi nell'ascolto
che si nega e dilaga nell'udito.
Si resta ad aspettare la parola.
Imparare lo strascico delle onde,
limitarsi a raccogliere sul lido
gli avanzi di quel mare che straborda.
E al fondo scomparire, ritornare
a casa, le mani ancora insabbiate.
Ma forse questo chiediamo sull'orlo
alla spuma, di trovarla in un difetto
di pronuncia, sepolta troppo dentro
la quotidianità. Di parlare
quasi a doverla masticare a vita,
dimenticando di doverla dire.
***
(a mio padre)
Seguivo sulla sabbia le tue impronte
rimaste a raccontare il tuo passaggio;
sapevo l'andatura,
la distanza fra un piede e l'altro esatta.
Era, la mia, gioia d'appartenerti,
orgoglio acceso da una somiglianza.
Ma ora che l'acqua si ritira evapora
la terra, si apre e crepita il tuo passo,
la luce si fa vento e rende sordi.
La pietra ha un tacere che non so
sulle creste di un vivere più adulto
e non su sabbia, su arida erba corri
senza rumore ch'io possa ripetere.
***
Vorrei che la parola decadesse
ebbra di pienezza nel crepuscolo
dell'espressione, quando è sufficiente
la linea, essenziale. O il silenzio.
Appartenere alle cose mediane
come l'autunno che torno a ricevere;
abbandonarsi allo svanire veloce
e dalle foglie imparare a cadere.