Pietro Romano: tre poesie da "Case sepolte"







In un giardino


La poesia, chiedi. Solo mani per acqua e potatura posso darti. In cambio chiedo colori, profumi, essenze del tempo che si ripete senza consistenza, delle sue ossa deposte all'ombra di un battito senza pompaggio. È il vento, forse, floricoltore di voci e assenze? Sono foglie in esilio sul selciati di scontentezza. Occhi negli alberi, nei cieli: tu ti moltiplichi, vento. In questo assedio che cosa chiedi? La parola trema. Nelle sue crepe e altri scompigli: voci dove trovo riparo.



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Sentire il peso dei corpi: d'essere polvere, gelido silenzio. Giorni di scomparsa - nudi sulla mancanza. Cifre, lettere o distanze. Parole, altre. Gioia è abbandono, nel profondo di una luce che ogni cosa cancella. Delle cose lo sguardo si richiude, ma dove? Poco di loro, rimane. Il dramma dell'altezza: sconoscere la palpebra. C'è un che di inutile nel tardare la parola: la terra è la terra e la traccia precede se stessa.



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Lontane, mani lontane. Gli sguardi battono contro i vetri notturni, zona di transito tra nome e nome.