(...) Voi domandate se i vostri versi siano buoni. Lo domandate a me. L'avete prima domandato ad altri. Li spedite a riviste. Li paragonate con altre poesie e v'inquietate se talune redazioni rifiutano i vostri tentativi.
Ora (poiché voi m'avete permesso di consigliarvi) vi prego di abbandonare tutto questo. Voi guardate fuori, verso l'esterno e questo soprattutto voi non dovreste ora fare. Nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno.
C'è una sola via. Penetrate in voi stesso. Ricercate la ragione che vi chiama a scrivere; esaminate s'essa estende alle sue radici nel più profondo luogo del vostro cuore, confessatevi se sareste costretto a morire, quando vi si negasse di scrivere.
Questo anzitutto: domandatevi nell'ora più silenziosa della vostra notte: devo io scrivere? Scavate dentro voi stesso per una profonda risposta. E se questa dovesse suonare consenso, se v'é concesso affrontare questa grave domanda con un forte e semplice "debbo", allora edificate la vostra vita secondo questa necessità.
La vostra vita fin dentro la sua più indifferente e minima ora deve farsi segno e testimonio di quest'impulso.
Poi avvicinatevi alla natura. Tentate come un primo uomo al mondo di dire quello che vedete e vivete e amate e perdete (...)